Spartizioni, sfere di influenza e nuovi (dis-)ordini nella storia e nella geopolitica dell’Asia e dell’Africa dal periodo coloniale a oggi

Presidente: Marzia Casolari, Università di Torino

Relatori:
Nicola Mocci (Università di Sassari), “I confini imperiali. Diplomazie francesi e siamesi al lavoro per la delimitazione dei confini tra Indocina francese e Siam”
Francesco Mazzucotelli (Università di Pavia), “Bordering / Ordering: il ruolo degli accordi Sykes–Picot nella spartizione dello spazio politico ottomano”
Marzia Casolari (Università di Torino), “La partition dell’India, gli interessi anglo-americani e il ‘nuovo ordine’ in Asia meridionale e in Medio Oriente”
Giorgio Musso (Università per Stranieri di Perugia), “Padre di una nazione mai nata: John Garang e la secessione del Sud Sudan”

Discussant: Michelguglielmo Torri

PRESENTAZIONE

Le questioni territoriali, le spartizioni, le sfere di influenza continuano ad avere, dal periodo coloniale, una straordinaria centralità negli equilibri o, meglio, nei disequilibri asiatici. Si analizzerà un’area compresa tra il Medio Oriente, l’Asia (Pakistan e Penisola Indocinese), all’Africa (Sudan) in un arco temporale che spazia dal periodo coloniale all’attualità.

Tutte queste aree sono state interessate da riassetti territoriali messi in atto dalle potenze coloniali, a seguito dei quali hanno avuto luogo trasformazioni e sviluppi di notevole portata. Si cerca di comprendere, anche in un’ottica comparativa, quanto questi sviluppi sono stati provocati dalle politiche coloniali e post-coloniali e quanto dall’impegno di forze e attori locali.

Il panel si compone di quattro relazioni. La prima, intitolata “I confini imperiali. Diplomazie francesi e siamesi al lavoro per la delimitazione dei confini tra Francia e Siam”, riguarda il modo in cui la Francia, a fine Ottocento, ha ridisegnato i confini del regno del Siam (l’odierna Thailandia), allo scopo di creare “un grande impero francese” nel Sud-est asiatico. Lo studio si basa su fondi diplomatiche, anche inedite.

La seconda relazione, “Bordering / Ordering: il ruolo degli accordi Sykes–Picot nella spartizione dello spazio politico ottomano” si prefigge di problematizzare alcuni assunti di fondo relativi alla portata degli accordi siglati nel 1916 tra Mark Sykes e François Georges-Picot. Attraverso in particolare l’esame del caso siriano e libanese, si vuole in particolare enfatizzare la lunga gestazione di un processo di intervento europeo, nel quale pressioni esterne e trasformazioni interne concorsero a distruggere alcuni equilibri esistenti e a comporne di nuovi in una generale condizione di transitorietà. Una valutazione della portata degli accordi del 1916 va inserita in una prospettiva

analitica di lunga durata che contestualizzi l’emersione di una nuova geografia politica post-ottomana nel Vicino Oriente. L’intervento si prefigge di inserire una ricognizione storica del portato anche simbolico degli accordi all’interno del dibattito accademico attualmente in corso che analizzi il confine sotto il punto di vista processuale, come sito di legittimazione politica e di definizione di identità, più che solo come realtà discreta di natura spaziale.

La terza relazione, intitolata “La partition dell’India, gli interessi anglo-americani e il ‘nuovo ordine’ in Asia meridionale e in Medio Oriente” riguarda alcuni aspetti inediti, in particolare gli interessi strategico militari ed economici britannici in Asia meridionale e la complentarietà tra la politica britannica in Asia meridionale e in Medio Oriente.

Lo studio si concentra su un arco temporale che spazia dalla prima metà degli anni ’40 alla metà degli anni ’50, che hanno visto il declino dell’influenza britannica e l’emergere di quella americana e pone in relazione gli sviluppi che hanno interessato il Pakistan come luogo di sperimentazione dei “giochi” strategici della guerra fredda e i “nuovi ordini” in Medio Oriente. Si cercherà di accertare se l’instabilità della regione compresa tra Pakistan e Afghanistan può essere considerata diretta conseguenza della partition o se le logiche che hanno portato alla spartizione del subcontinente indiano sono assimilabili ai piani di frammentazione del Medio Oriente messi in atto a più riprese dalle potenze occidentali.

La quarta relazione riguarda gli sviluppi che hanno portato alla dichiarazione di indipendenza del Sud Sudan, il 9 luglio 2011 La secessione delle province meridionali di quello che sino ad allora era il Paese con la più vasta estensione territoriale del continente africano – il Sudan – è giunta come esito di due guerre civili, combattute tra il 1955 e il 2005 con una pausa di non belligeranza tra il 1972 e il 1983.

Poco noto tuttavia è il fatto che la seconda guerra civile (1983-2005) venne combattuta dal Sudan People’s Liberation Movement/Army (SPLM/A) proclamando un’agenda politica che rifiutava la secessione del Sud come obiettivo ultimo della lotta armata. Il SPLM/A affermava al contrario di volere riformare lo Stato sudanese mantenendone l’unità. Tale dottrina, nota come “New Sudan vision”, era il frutto dell’elaborazione intellettuale di John Garang (1945-2005), fondatore e leader del SPLM/A scomparso in un incidente aereo pochi mesi dopo aver firmato lo storico accordo di pace con il governo di Khartoum.

La figura di Garang, oggetto di uno studio biografico attualmente in corso, è lo specchio delle contraddizioni e delle ambiguità della lotta di liberazione sud sudanese. Ricostruendo le vicende personali e politiche del leader del SPLM/A si possono identificare le origini delle profonde fratture che hanno condotto il Sud Sudan, a pochi anni dal conseguimento dell’indipendenza, a sprofondare in un nuovo conflitto civile.